Il 29 settembre 2018 ho partecipato ad un seminario a Milano dal titolo “Nessuno sa di noi. Il lutto perinatale”. Tra i vari relatori era presente la Dott.ssa Claudia Ravaldi fondatrice dell’Associazione CIAOLAPO che si occupa di tutela della gravidanza e della salute perinatale ed offre sostegno e accompagnamento al percorso del lutto.
Parto da alcuni contenuti del suo intervento per parlare della perdita di un bambino, evento delicato e doloroso di cui purtroppo si parla molto poco.
Il lutto per la perdita viene vissuto in tutte le situazioni, sia che avvenga per un aborto spontaneo nelle prime settimane, sia per la decisione di abortire a causa di gravi patologie, sia nel caso in cui Il figlio viene partorito morto. Non esistono situazioni meno dolorose. La perdita di un figlio porta con se un grande dolore che ogni persona vive e affronta in modo diverso. Il lutto non è una malattia, ma è un fattore di rischio molto alto. Le madri in lutto hanno pensieri tremendi e vivono forti sensi di colpa, i padri spesso si sentono di dover essere più forti per aiutare la compagna rischiando così di non affrontare il proprio lutto.
Infatti il lutto non si supera, si affronta, ed è importante il lavoro per entrambi i genitori. Ognuno ha la propria reazione e gestione del lutto quindi nella coppia possono essere diverse. La crisi nelle coppie si presenta quando appunto le modalità sono diverse e non c’è lo spazio per il dialogo.
Fondamentale per affrontare il lutto è il recupero di un attaccamento sano, è necessario lasciare uno spazio: ci vuole uno spazio fisico e mentale ed è molto importante per i genitori riconoscere il bisogno e il diritto a quello spazio del bimbo che hanno perso. Sicuramente è molto importante per i genitori poter dare un nome al proprio figlio e poter fare un funerale, e quando è possibile poter vedere il proprio figlio (o avere la possibilità di vederlo successivamente con una foto), infatti l’assenza dell’immagine del bambino morto lascia un grande vuoto. In generale è necessario non forzare nelle scelte i genitori ma aiutarli a creare una possibilità di ripensarci magari in futuro. La morte riguarda tutti ma si tende a delegare sempre ad altri perché è un argomento che porta un grande senso di impotenza, anche per gli operatori. In queste situazioni l’impotenza è ancora più grande, ci si trova davanti al paradosso di bambini nati che sono bambini morti.
Come è possibile quindi “aiutare” i genitori che affrontano questo tremendo lutto? Sicuramente è fondamentale sospendere ogni giudizio, permettere di parlarne, intercettare i bisogni, è necessario offrire uno spazio di ascolto e di comprensione. Cosa al contrario non aiuta? Sembra ovvio, ma purtroppo spesso non lo è. Non aiutano i giudizi, le bugie e il provar pena. Non tutti i genitori hanno la stessa domanda ma tra le domande più frequenti dei genitori che perdono il bambino vi è quella relativa alle tempistiche che devono passare prima di provare ad avere un altro ambino. Ovviamente ogni caso è diverso quindi è sempre importante comprendere quale è la natura di questa domanda. In linea generale è importante far passare il tempo necessario per poter prima affrontare il lutto che è diverso per ogni persona e per ogni coppia. Il rischio di avere un altro figlio senza aver prima affrontato il lutto per il primo comporta un carico incredibile per il secondo che si trova in un certo senso a colmare il vuoto della perdita del primo figlio ed a dover “salvare” i propri genitori da un dolore sempre presente. In linea generale il “chiodo schiaccia chiodo” non funziona mai ma anzi è molto pericoloso perché vi è il rischio del lutto transgenerazionale per il figlio nato dopo il lutto.
Quando le circostanze sono troppo dolorose e difficili da elaborare è importante poter chiedere aiuto. Chiedere aiuto non è un sintomo di debolezza ma la volontà di affrontare la propria sofferenza. Nulla si dimentica e non è possibile dimenticare un figlio, però è possibile concedersi di poter stare meglio.
Dott.ssa Chiara Cruschelli